Da “Il Gazzettino” del 18/06/2001

La pedofilia dal punto di vista medico è considerata una perversione sessuale grave. Le perversioni sessuali oggi, con un termine meno dispregiativo, sono chiamate “parafilie”, ma la sostanza non cambia.

La pedofilia, quella vera, quella cioè che riguarda individui adulti, di oltre sedici anni, di solito uomini, che sono eccitati sessualmente “soltanto” da bambini impuberi, sotto i 13 anni, è da considerarsi una malattia, un disturbo mentale.

Quindi c’è una differenza sostanziale tra individui semplicemente viziosi, che funzionano sessualmente anche con partner adulti e che sono magari anche sposati e con figli, che vogliono provare anche l’esperienza con un bambino, ed i pedofili veri. Come c’è una differenza tra chi sfrutta la prostituzione di bambini e produce anche film per poi farne lauti e criminosi guadagni. E differenza ancora c’è tra il reato di pedofilia vera e propria (bambino impubere) e quello di abuso di minorenne, però dopo l’età delle pubertà. Oppure di prostituzione minorile, o di incesto. Ed inoltre tra pedofilia non accompagnata da atti di violenza e l’atto pedofilo di per sé che il più spesso è masturbatorio e che nella maggior parte dei casi si consuma tra familiari.

Ci sono insomma delle differenze, ma dal punto di vista medico l’interesse maggiore è ovviamente quello del pedofilo propriamente detto, cioè di quello che si eccita solo con bambini impuberi. Le altre categorie attengono quasi sempre unicamente ai reati e quindi soggette alle leggi vigenti nei vari Stati.

I pedofili veri, e specie se recidivi e violenti, configurano senz’altro una forma di psiconevrosi ossessiva su una base di grave psicopatia. Questa è la categoria alla quale senz’altro si riferiva nella sua proposta di “anche curarli” il prof. Veronesi, Ministro della Sanità, insigne clinico dal lucido pensiero laico. Ed a questa categoria senz’altro si riferiva il dottor Carlo Nordio, magistrato sempre chiaro nell’esporre il suo pensiero, in un suo recente articolo di stampa, quando diceva che nella pedofilia dobbiamo tener conto dei confini non netti tra vizio, devianza e malattia.

Come cercare di curare la pedofilia, per motivi di spazio ne parleremo al prossimo articolo.

Da “Il Gazzettino” del 28/05/2001

Ad un recente, importante corso di aggiornamento in Andrologia, tenutosi a Montesilvano (Pescara), al quale ho partecipato, si è parlato di alcuni aspetti che reputo interessanti per i lettori della mia Rubrica.

Molte attese e speranze per la prossima uscita di un nuovo farmaco, l’apomorfina che, a dosi basse, dovrebbe dare un buon risultato sui disturbi sessuali erettivi maschili. Dovrebbe stimolare anche il desiderio sessuale, sia nell’uomo che nella donna.

E’ da tenere sempre presente, comunque, che sia per l’uomo che, soprattutto per la donna, il desiderio è una questione di fantasia, di testa, di innamoramento. Gli Antichi credevano che il desiderio venisse dalle stelle, dagli astri, da cui forse anche il nome “ de-sidera”.

Ancora oggi, io credo, un cielo stellato assieme a chi ci piace, magari in riva al mare e d’estate, può senz’altro accendere il desiderio. Ma il desiderio, oggi sappiamo, è stimolato anche dagli ormoni, soprattutto il testosterone e dai neurotrasmettitori, soprattutto la dopamina. Speriamo che lo sia anche dall’apomorfina, vedremo.

Per rimanere sul tema del desiderio si è evidenziato da ampie e probanti statistiche che nel 50% dei maschi settantenni non ci sarebbe più desiderio sessuale: ma se ciò non da stress, dispiacere, depressione, se il maschio in questione è comunque sereno, appagato dalla sua vita di affetti e di relazione, allora egli non è da considerarsi un soggetto con disturbo sessuale. Per la donna questo già lo si sapeva: donne anche giovani e sane possono avere periodi di assenza di desiderio, ma quando questo stato non dà loro stress ed esse sono appagate da altri aspetti della vita, non si può dire che esse abbiano un disturbo sessuale.

Per cambiare argomento si è evidenziato, sempre da ampie statistiche, che parecchi ragazzi, sui 16/17 anni iniziano la droga leggera ed anche pesante per problemi sessuali,  che ovviamente non vengono risolti ma aggravati  e  complicati. La prevenzione primaria nei disturbi sessuali dei giovani deve iniziare da una competente informazione, mai dimenticando di evidenziare i danni provocati da fumo, alcool e droghe per una sinergia di effetti negativi che si evidenziano addirittura con un abbassamento del livello del testosterone; altri elementi negativi per il sesso sono lo stress e l’obesità, mentre effetto benefico ha l’attività fisica.

Altro aspetto trattato molto interessante: il paziente 45/55 enne che ha una disfunzione erettile è bene sia indagato anche per eventuale rischio di cardiopatia-coronaropatia, in quanto i fattori di rischio cardiocircolatorio ed erettile sono all’80% sovrapponibili.

Si è ribadito il concetto che l’Andrologia (disturbi sessuali maschili su base organica) sente sempre di più l’esigenza di una associazione con la Sessuologia (disturbi sessuali su base psicogena).

Inoltre, auspicabile e spesso necessaria, una  integrazione con la sessualità femminile. Ormai in ogni Corso di  aggiornamento di Andrologia c’è una sessione di studio sulla sessualità femminile che comincia anch’essa ad essere indagata con metodi scientifici e curata con farmaci oltre che con psicoterapia. Si è parlato a tal proposito di una possibile assunzione di androgeni non virilizzanti (D.H.E.A.) in donne con carenza androgenetrica dovuta anche, ad esempio, all’uso della pillola contraccettiva. E inoltre di possibile assunzione anche nella donna di Sildenafil (Viagra), o di prostaglandine per uso topico quando manchi la lubrificazione, ad esempio per assunzione di pillola contraccettiva o per assunzione di psicofarmaci o in menopausa.

Insomma, buone speranze per tutti, uomini e donne.

Da “Il Gazzettino” del 21/05/2001

Una  domanda postami tramite il Servizio del Gazzettino “Il Sessuologo risponde”, credo meriti di essere riportata in questa Rubrica settimanale.

Una giovane mamma mi dice di avere scoperto che il suo bambino di 5 anni “giocava al dottore” con  una sua compagna di pari età. Mi riferisce che lei è  “molto preoccupata”, ma ha fatto finta di non vedere. Mi chiede come dovrà comportarsi per evitare “cose più gravi”.

Mi sono sentito, così, in diretta per telefono, di dirle di non preoccuparsi più di tanto.

Le tappe della sessualità, molto schematicamente si possono così individuare. Le prime sensazioni piacevoli si può ipotizzare che il bambino le viva già nel ventre materno; poi i primi tempi dopo la nascita le sensazioni piacevoli sono l’essere accudito, accarezzato, abbracciato e possibilmente nutrito al seno. I primi anni ci sono le esplorazioni da parte del bambino, toccandosi il corpo, genitali compresi. In età prescolare poi, per un bisogno di conoscersi anche nelle differenze tra maschi e femmine si “gioca al dottore”, ci si spia mentre si fa pipì, ci si confronta col proprio e con l’altro sesso.

Con la pubertà poi si comincia a sperimentare il piacere sessuale, di solito con l’autoerotismo, più i maschi che le femmine. Iniziano le fantasie ed i desideri sessuali. Iniziano anche le prime relazioni amorose che sono intense, idealizzate, di solito brevi. E poi c’è il primo bacio con sensazioni emotive e fisiche. Il “petting” è un modo per scoprire parti del corpo e gesti che provocano piacere a se stessi ed al partner e che portano, chi prima e chi dopo, ma mediamente sui 16-18 anni, al “grande momento”, alla prima volta del rapporto sessuale completo. Quindi queste tappe devono essere dai genitori capite e vissute come naturali e normali e non inibite o fatte vivere dai loro figli con senso del peccato o con paure fuori luogo e fuori tempo.

Clima psicologico quindi aperto e sereno, attento alle deviazioni ed alle esagerazioni, ma senza vedere peccato o malattia o devianza dove non c’è. Ricordandoci sempre, noi genitori, anche le nostre tappe sessuali, i nostri timori, le nostre angosce sessuali e facendo eventualmente una revisione critica di come noi siamo stati sessualmente diseducati o mal capiti, o il più spesso ignorati, dai nostri genitori in un  contesto sessuofobico espressione di altri tempi.

Da “Il Gazzettino” 14/05/2001

Una signora mi telefona al Servizio del Gazzettino “Il Medico risponde”.

Mi dice che a lei sembrano esagerate le donne che si lamentano di non raggiungere l’orgasmo, e che forse non sanno neanche quello che dicono, nel senso che mitizzano una sensazione, la immaginano talmente grande e quindi dicono di non averla mai provata. Mi dice che secondo lei la donna per raggiungere l’orgasmo “deve stare sopra l’uomo… questo è il segreto…”

La prima parte del discorso posso anche condividerla: in sessuologia ci sono falsi miti, tipo l’orgasmo simultaneo, l’orgasmo urlato, l’orgasmo quasi come una crisi epilettica o isterica. Ma è anche vero che l’orgasmo è una sensazione di piacere bellissima, molto forte, con delle contrazioni dei muscoli interni dell’apparato sessuale femminile, e sicuramente non la fanno stare immobile neanche con gli altri muscoli, e neanche muta come un pesce.

Insomma c’è una giusta misura in tutto, ed anche nelle manifestazioni dell’orgasmo. I miti, nella sessualità, derivano dal fatto che si è passati da una sessuofobia fino ad  un recente passato e specie per le donne per cui di sesso non se ne doveva neanche parlare, ai giorni d’oggi in cui se non si è al massimo in tutto, ed anche nel sesso quindi, ci si sente inadeguati. Inoltre è da dire che se all’orgasmo ci si pensa troppo mentre si fa all’amore, nella donna avviene una ansia di prestazione per cui lo si blocca. E’ quanto succede agli uomini per l’erezione o per l’eiaculazione precoce.

Sul fatto della posizione è vero che la donna lo raggiunge più facilmente se è sopra, perché l’angolo che si forma è più propizio alla stimolazione del clitoride, perché il ritmo e la profondità delle spinte lo decide lei. E poi, forse, anche perché alcune donne si sentono più trasgressive e… comandano loro il maschio anche in una funzione dove sono sempre state agite e non attrici.

Ma soprattutto sono le fantasie ad eccitare la donna, a farla entrare “nel pallone” dell’erotismo.

Ecco perché è necessaria una durata sufficiente del rapporto sessuale, dopo parecchi preliminari, ed è necessario un uomo che piaccia e che sappia contribuire a creare un “clima” rilassato e divertente. Se poi c’è anche l’Amore, allora è il massimo.

Da “Il Gazzettino” del 07/05/2001

Mi viene a consulto una coppia, 71 anni lui, 70 lei.  Sono sposati da 50 anni, hanno due figli sposati e dei nipotini. Si capisce che si vogliono bene. Il problema di lui è che…

”da alcuni anni sono stato operato di prostata… tutto bene ma non ho più l’eiaculazione e anche l’erezione è stentata… ma sono contrario al Viagra… inoltre il pene mi si è storto molto in questi ultimi anni… ho fatto terapie col laser ma senza esito. Lo specialista urologo mi ha detto che dovrei operarmi per raddrizzarlo ma mi si accorcerebbe di 5 cm… io non so… ecco, ci sia un consiglio onesto Lei.”

La moglie dice che si vogliono bene e che lei farebbe benissimo a meno del sesso penetrativo  ”le carezze ce le facciamo e ci soddisfano”.

Mi sento responsabile della risposta che darò perché avverto che mi daranno piena fiducia.

Come medico so bene che per le malattie che possono compromettere la vita si deve sempre tentare di curare: ma anche in questi casi senza accanimento terapeutico e sempre rispettando la volontà del paziente.

Il morbo di La Peyronie o induratio penis o pene storto è una malattia, consistente in placche sclerotiche della tunica albuginea del pene, che può arrivare a impedire l’atto sessuale, ma non compromette niente altro.

Il paziente è un iperteso in terapia con dei farmaci che contribuiscono ad attenuare la potenza sessuale. Ha difficoltà erettive che andrebbero indagate e curate. E’ stato operato di prostata e dice di non sentire più piacere dato che non ha più l’eiaculazione. Ha 71 anni. Mi sembra effettivamente preoccupato e poco convinto di farsi operare. Ha una vita buona negli aspetti affettivi. Ha una moglie per nulla esigente nei riguardi della sessualità.

Tutto questo considerando, sconsiglio l’operazione: mi appare soddisfatto del consiglio datogli, quasi con un peso in meno; dice che faranno un bel viaggio, lui e la moglie.

L’Andrologia, anche in questo caso, appare legata indissolubilmente alla Sessuologia e la sessuologia riguarda non solo la terapia dei disturbi psicosessuali ma anche l’indagine e la comprensione dei comportamenti e dei desideri sessuali, e delle paure, e delle perplessità in quest’ambito.

Questo caso per contrapposizione mi ricorda un altro caso di cui scrissi un articolo. Un signore di 82 anni il quale aveva ancora desiderio ma difficoltà erettive. Aveva una compagna molto più giovane di lui. Anche in quel caso vennero a consultarmi insieme. In quel caso, dopo accurati esami, volentieri e convinto lo aiutai con dei farmaci.

Da “Il Gazzettino” del 26/04/2001

Tramite il Gazzettino, ricevo una lettera di un giovane laureato, trentenne, che riassumo. Ha sposato una sua compagna di Università; riferisce che si vogliono bene ma lui ha una ossessione, prima solo pensata e negli ultimi anni agìta:

“…ogni due, tre mesi non so resistere, devo agire una mia trasgressione o perversione giudichi lei… mi incontro con dei transessuali o travestiti pago per avere un incontro sessuale con loro… in questa occasione anche mi travesto… mia moglie lo sa, ovviamente mi scongiura di non farlo più ma io non ce la faccio anche se sempre, dopo mi pento e mi sento in colpa sia con me stesso che con lei… lei comunque questa cosa la sapeva anche prima di sposarci… i rapporti sessuali con lei sono abbastanza soddisfacenti… lei non è per nulla trasgressiva io non l’ho mai tradita con altre donne.”

Bene: ho scritto ancora nei miei articoli per il Gazzettino sulle perversioni, sulle trasgressioni, ed in uno dei miei primi articoli sul rapporto strettissimo che c’è tra psicologia e sessuologia e quindi tra  disturbi caratteriali e nevrotici e disturbi della sessualità.

Nel caso specifico si tratta indubbiamente e primariamente di un disturbo psicologico-psichiatrico di tipo ossessivo-compulsivo, anancastico,  con un conseguenziale comportamento sessuale abnorme.

I disturbi psichici di questo genere hanno come caratteristica quella della loro ripetitività, a volte assurdità, compresa come patologica dalla ragione (capacità di intendere) ma ingovernabile dalla volontà anche se in contrasto con la propria morale. E’ un aspetto psicopatologico da indagare a fondo, da curare  per quanto possibile, con una psicoterapia di tipo soprattutto psicodinamico-psicanalitico; sarebbe anche, contemporaneamente opportuno tentare una terapia psicofarmacologica antiossessiva.

Un’altra osservazione di tutt’altro genere si potrebbe fare, e ciò mi riprometto in un prossimo articolo: come a volte l’Amore prescinde, perdona, e fa accettare aspetti e comportamenti del partner che di per sé farebbero paura e sconcerto.

Da “Il Gazzettino” del 23/04/2001

“Gentile dottor Mercuri,
Lei la settimana scorsa ha scritto del Desiderio sessuale. Dunque, quando ero ragazzo avevo sempre voglia e da giovane, se non potevo fare sesso, la voglia cresceva sempre più e mi dovevo masturbare o avevo le polluzioni, la notte. Adesso ho 50 anni, sono sposato: se la moglie si rifiuta di fare all’amore, o perché non ne ha voglia, o perché le duole la testa, diciamo per 15/20 giorni, anch’io perdo la voglia e lascerei passare sempre più tempo. Che stia diventando vecchio… o ero esagerato prima… E le donne, è vero che hanno tante meno esigenze sessuali di noi uomini?”

Gentile lettore,

era normale, da ragazzo, pieno di ormoni e di fantasie, che l’astinenza acuisse la voglia; ed è normale adesso. Ad una certa età, sia per l’uomo che per la donna, meno lo si fa, meno lo si farebbe.

Per questo è auspicabile tenere sveglio il desiderio, aiutandosi nei modi che ho scritto nell’articolo della settimana scorsa. Certo che la vita coniugale di due persone adulte è fatta di tante altre cose e ci sono tanti problemi che distraggono dal sesso: lavoro, figli, impegni. Ma è provato che una buona e soddisfacente attività sessuale, anche ad una certa età, dà serenità, ottimismo e un buon equilibrio psico-fisico.

Sul fatto che la donna abbia meno esigenze sessuali dell’uomo, forse è vero; e molti studiosi della sessualità ipotizzano che sia a causa del testosterone che è l’ormone sessuale maschile, ma che in basso dosaggio hanno anche le donne; ma io credo che sia soprattutto un problema di costume, di educazione sessuofobica soprattutto inculcata alle donne. E poi è forse il modo di esprimere la sessualità, il desiderio, il piacere sessuale, differente tra l’uomo e la donna. Ma le ultime ricerche in campo sessuologico dicono che queste differenze non sono più così tali, e che anche la fisiologia sessuale del desiderio, eccitazione, orgasmo abbiano molto più in comune tra uomo e donna di quanto si pensasse, o facesse comodo credere all’uomo in un passato anche recente.

Le differenze sessuali ci sono, ed anche abbastanza marcate, tra individui; ma non è questione di genere maschile o femminile.

Da “Il Gazzettino” del 02/04/2001

Una signora mi scrive, tramite il Servizio del Gazzettino “Il Medico sessuologo risponde”:

“Gentile dottor Mercuri,
sono felicemente sposata con un uomo che mi vuole bene. Lui ha 45 anni, io ne ho 40; abbiamo due figli, io sono casalinga “per scelta” anche se da ragazza ho prima studiato e poi lavorato fuori casa. Mi sento realizzata nella mia famiglia, ho amiche, sono abbastanza serena ed equilibrata. Insomma, non mi sembra di avere problemi ma… non ho mai raggiunto l’orgasmo nei rapporti sessuali, né con mio marito, né con un precedente fidanzato. Provo piacere ma non raggiungo mai l’orgasmo; a mio marito non l’ho detto, mentre al precedente fidanzato lo avevo detto, ma poi forse anche per tale motivo il rapporto pian piano si è spento. Devo continuare a tacere del mio problema e a volte a fingere?”.

Gentile signora,

Come ho avuto spesso occasione di dire da questa rubrica, il suo disturbo è molto frequente, raggiungendo percentuali del 50%. E’ il disturbo sessuale più frequente nelle donne, assieme a quello del calo del desiderio.

La prima cosa che si pensa, sia da parte delle interessate che da parte degli “addetti ai lavori”, è che il disturbo sia di origine psicologica e ciò spesso è vero; ma non sempre si riescono a capirne i motivi fino in fondo, specie quando la donna è tranquilla, appagata della sua esistenza, non problematica, non nevrotica, come mi sembra sia il suo caso.

Cosa dirle, quindi? Come “medico” esperto in tali problemi, potrei per prima cosa suggerirle un’indagine sul suo assetto ormonale, specificamente quello ipofisario-ovarico, surrenalico, tiroideo; e poi con un’accurata visita ginecologica indagare su eventuali problemi organici dell’apparato genitale. Ma il più delle volte tali aspetti sono perfettamente normali. Passerei ad indagare quindi sulle possibili cause psicologiche: queste potrebbero nascere da un’educazione rigida, sessuofobica, abbastanza frequente anche oggi, ma particolarmente frequente quando lei era ancora una ragazza, quindi diciamo venti-venticinque anni fa. In realtà, a quel tempo, si era in epoca di “femminismo”, di quella “rivoluzione culturale” che, tranne punte di esagerazione, è stata tutto sommato utile alle donne nei vari ambiti lavorativi, sociali ed anche sessuali.

Indagherei poi sul “vissuto personale”, sulle sue prime esperienze sessuali, sulle sue fantasie, sulle sue preferenze sessuali; ed anche sul come, dal lato sessuale ma non solo, è stato il suo rapportarsi col precedente fidanzato e con l’attuale marito, ed il rapportarsi di loro con lei.

Ed anche sono importanti le tecniche sessuali, i “modi” cioè di fare all’amore, la “durata” dei rapporti sessuali, spesso troppo breve a causa dell’uomo, i “preliminari”, spesso frettolosi se non addirittura assenti in un rapporto che ha perso la passione magari dopo i primi tempi di effervescenza.

Individuate le cause, la terapia è conseguente.

Da “Il Gazzettino” del 26/03/2001

Numerose le lettere, le telefonate, le pazienti in terapia per questi disturbi.

Tra questi il più frequente è l’anorgasmia, il meno frequente la vera e propria repulsione sessuale. Diciamo subito che quest’ultima è un disturbo psichico nevrotico, più che sessuologico. E’ una fobia specifica, che riguarda il sesso, ma spesso anche altri aspetti di personalità sono disturbati. Bisogna indagare sulle cause, bisogna istituire una psicoterapia il più spesso di tipo psicoanalitico, psicodinamico.

La frigidità è l’incapacità di provare piacere dalla sessualità. E’ un disturbo sessuologico, non molto frequente; può sussistere anche in una donna per altri aspetti “normale”. Occorre indagare anche sull’assetto ormonale oltre che, ovviamente, sugli aspetti psicologici. Occorre istituire una psicoterapia che può essere anche non psicoanalitica, ma di tipo “breve”, ad indirizzo soprattutto cognitivo-comportamentale. Possono essere tentati anche dei farmaci, specie se gli esami ormonali indicano degli squilibri.

L’anorgasmia, cioè l’incapacità di provare l’orgasmo, che è l’acme del piacere, la “scarica” di un eccitamento che va in crescendo e deve “esplodere” per poi placarsi, è il disturbo sessuologico più frequente, ma anche meno grave rispetto agli altri due. E’ un tipico disturbo sessuologico; si avvale di una psicoterapia sessuale, di tipo “breve”, e di alcuni esercizi sessuologici o “compiti” da fare da sola o in coppia; ha buone possibilità di essere curata positivamente.

“Fingere o non fingere l’orgasmo”?, è anche questa una frequente domanda da parte di chi soffre di anorgasmia. La mia risposta è, ovviamente, quella di curare tale problema che sempre disturba la vita di coppia e spesso la divide. In alcuni casi ho consigliato di fingere: sono i casi in cui la donna ha sempre finto con quel partner, ma ha deciso, da sola, di venire in terapia: in attesa dell’esito positivo può continuare a fingere ; oppure in quei casi in cui la donna è innamorata del suo partner e sa che lui vivrebbe l’anorgasmia di lei come una sua colpa, di non saperla cioè “far venire”; il che, detto per inciso, a volte è anche vero, ed allora, in tal caso, ovviamente, è necessario che la donna riesca a dire al suo uomo che ama, che le piacerebbero più lunghi ed intensi preliminari, ed una “durata” più lunga del rapporto sessuale.

Da “Il Gazzettino” del 19/03/2001

Al Servizio del Gazzettino “Il Medico Sessuologo risponde” di lunedì u.s. un giovane handicappato di 29 anni affetto da tetraparesi spastica e costretto a vivere in carrozzella mi chiede di scrive sulla sessualità degli handicappati.

Si esprime vocalmente male ma appare lucido e intelligente. Mi dice di scrivere io,…

“…con la sua autorità… che il sesso è un bisogno come la fame e la sete, e poi sulla vergogna che abbiamo noi di volere fare sesso, un po’ quello che lei ha scritto sul sesso negli anziani in un articolo recente. Scriva anche del moralismo che ancora c’è… a volte per alcuni di noi servono anche le prostitute, almeno loro… ma i benpensanti dicono che è peccato… ma la nostra vita non sconta già tanti peccati?…”

E’ una telefonata molto triste, molto amara, molto vera, e che dice già tutto. Io me ne faccio portavoce: è vero e da tener presente da parte della società tutta che l’handicappato è, come tutti gli esseri umani, un essere sessuato. E ciò sia che la limitazione riguardi la funzionalità motoria o le capacità psichiche, che sia essa congenita o acquisita. L’handicappato per certi aspetti è un “diverso” ma non perché tale deve subire anche un processo di emarginazione ed essere trattato come un individuo asessuato e non invece come un uomo o una donna. La sessualità poi non deve intendersi, così nel normale come nell’handicappato, soltanto come “attività sessuale”, ma deve estendersi nella considerazione ed accettazione del proprio sé corporeo e psichico, nelle esperienze sensoriali ed affettive derivanti al contatto con gli altri.
La consulenza sessuologica, auspicabile sempre, deve estendersi dal soggetto ai familiari agli educatori al partner. Deve valutare e verificare la possibilità di attuare un soddisfacente rapporto sessuale, anche con l’aiuto dei validi farmaci oggi a disposizione. E ciò avverrà senz’altro specie negli handicap fisici post-traumatici dove occorre considerare il tipo di lesione neurologica e motoria.
Speriamo inoltre, e lottiamo a vari livelli perché ciò si avveri, in una società sempre meno moralistica e meno sessuofobica in quanto tali atteggiamenti nuocciono soprattutto ai più deboli.