Da “Il Gazzettino” del 13/11/1999

Ho avuto modo di constare un aspetto del modo di vivere la sessualità di parecchie donne che mi hanno espresso il loro punto di vista al Servizio del Gazzettino “il Sessuologo risponde”, oppure direttamente nel mio studio.

Il problema: la maggior parte delle donne si dispiace e alcune di loro si lamentano se il loro uomo non funziona o funziona male, per assenza di voglia, disturbi erettivi, eiaculazione precoce; esse, purtuttavia, mal tollerano che quest’uomo assuma dei farmaci per curarsi il disturbo. Magari qualche seduta di psicoterapia la accettano, ma quando poi si dovesse passare a delle cure mediche, molte di loro oppongono delle resistenze. Alcune sono scettiche sull’esito, altre sembra quasi si offendano se il loro uomo deve funzionare con dei farmaci, perché esse vogliono essere le uniche… medicine per lui.

Ho potuto inoltre notare che molte donne sono scettiche su terapie che potrebbero aiutarle nei loro disturbi sessuali, principalmente nell’assenza di desiderio oppure nella anorgasmia.

Anche qui esse pensano esclusivamente alla causa patologica, oppure pensano di non amare più con passione il loro uomo, oppure che questi non le sappia “accendere” per poi… incendiarle.

C’è molto di poetico in tale loro interpretazione ed anche qualcosa di vero.

La realtà è che moltissime donne non concepiscono come la sessualità possa funzionare anche senza l’Amore, e quindi pensano che solo se c’è l’Amore… c’è tutto il resto. La donna, più dell’uomo, è attratta da tutto ciò che è psicologico, sentimento, irrazionalità.

Ma la moderna Sessuologia, e per ciò che specificamente si riferisce all’uomo, l’Andrologia, hanno dimostrato che l’esprimersi normale di una sessualità è anche, e soprattutto, una questione medica: di salute generale, di assetto ormonale, di normalità neurologica, di assenza di disturbi circolatori del distretto vascolare specifico.

Ecco perché non bisogna guardare con scetticismo, ma con fiducia, alle moderne indagini diagnostiche e alle moderne terapie.

Da “Il Gazzettino” del 11/12/1999

Già la settimana scorsa avrei voluto scrivere sulla questione riportata da tutti i mezzi di informazione e cioè sul divieto all’uso del preservativo secondo i dettami della Chiesa cattolica.

Diciamo subito e chiaramente che il “non usate il preservativo” va completato con il “siate casti”.

Io non critico assolutamente tali concetti e tali direttive per i cattolici praticanti che vogliono e riescono senza nevrosi a praticare la castità. Anzi, sono contento perché, per loro, non ci saranno pericoli di gravidanze indesiderate né di malattie sessuali.

Non si pone neanche, per loro, il “problema preservativo” a meno che essi non vogliano usarlo per masturbarsi; ma che dico, anche questo è vietato dalla Chiesa e quindi il problema non si pone proprio.

Io non faccio sicuramente parte di tali eletti, ma onestamente mi chiedo quanti giovani oggi, in quale percentuale, restino casti e puri prima del matrimonio e quanti, da sposati, facciano sesso solo per procreare.

Come Medico, inoltre, rimango sconcertato al pensiero che alcuni giovani potrebbero, interpretando superficialmente il dettato “non usate il preservativo”, avere dei rapporti sessuali, magari occasionali, non protetti, sia per il rischio di gravidanze indesiderate, sia per le malattie sessualmente trasmissibili.

Io, tempo addietro, ho scritto altre due volte, su questa Rubrica, del preservativo. Ho parlato della “obbligatorietà” di esso durante le cosiddette “ferie erotiche” o turismo sessuale che altro non sono che una delle tante forme di prostituzione. Ho detto, al di là di ogni aspetto morale, che la prostituzione in ogni sua forma con l’obbligo del preservativo che essa comporta, non sono il massimo dell’erotismo e dell’espressione del rapporto sessuale.

Auspicabile invece è sempre un rapporto di coppia stabile, con reciproca fedeltà e rispetto, ove non si avranno timori di contrarre o di trasmettere malattie sessuali e quindi il preservativo non è necessario. Inoltre, se non si vogliono rischiare gravidanze, il migliore e il più sicuro anticoncezionale è la “pillola” e non il preservativo.

Da “Il Gazzettino” del 02/12/1999

Questa settimana ho ricevuto, tramite “Il Gazzettino”, una garbata lettera da una Lettrice che mi prega di risponderle attraverso la mia rubrica di Sessuologia.

La lettera è penosa e, per riassumerla, è di una signora di 62 anni, con molti acciacchi fisici, che ha un marito di circa 70 anni il quale abusa di vino e che quasi tutte le sere vorrebbe fare all’amore. Insiste, vorrebbe farlo anche in maniera strana, si arrabbia se la moglie si rifiuta quando non ne ha proprio voglia.

Direi che è abbastanza frequente che la donna, ad una certa età, perda la voglia, mentre all’uomo questa rimane; è poi tutto da verificare se oltre alla “voglia” rimanga anche la “potenza”, perché, a volte, le due cose sono dissociate e ciò specie se c’è un abuso di bevande alcooliche. Ed è penoso vedere in anziani alcoolisti, spesso impotenti spesso con deliri assurdi di gelosia, come essi colpevolizzino la moglie della loro impotenza, diventando a volte violenti e brutali.

Eppure l’amore a volte finisce così, nella tarda età. L’alcool, se c’è abuso, diventa una tossicodipendenza con risvolti psichiatrici e con rovine familiari. Uno-due bicchieri di vino, ai pasti, fanno di solito bene, all’umore ed al sesso, ma per alcune personalità predisposte e di solito fragili, è facile scivolare nell’abuso con le conseguenze sopraddette.

Ma anche al di fuori dell’alcoolismo è da dire che se non c’è rispetto dell’altro, delicatezza e sensibilità d’animo, il sesso, che una delle cose più belle della vita, diventa una brutalità e, per chi lo subisce senza gradirlo, un incubo, un tormento.

Quindi, tutta la mia comprensione per la gentile Lettrice del Gazzettino che mi ha scritto, con l’augurio che il marito possa capire, con le buone o con le cattive, che il sesso può essere solo “reciprocità”. Reciprocità di desiderio, di modalità frequenza dei rapporti e quindi buona sopportazione anche di periodi di astinenza sessuale, specie se motivata da malattie.

Ecco perché in una relazione di lunga durata, che non sia cioè solo una breve avventura, è necessario che ci sia il sentimento dell’Amore; parola sempre misteriosa, ma che racchiude in sé tutte le sensazioni e le sensibilità suddette.

Da “Il Gazzettino” del 19/11/1999

Nel corso di ormai due anni che tengo la Rubrica di Sessuologia col Servizio il “Medico Sessuologo risponde”, numerose sono state le telefonate ed ultimamente anche una lettera sui rapporti sessuali diciamo così “hard” per dirla in inglese.

La lettera è di una giovane signora di trent’anni che riassumo… “…Mio marito da un po’ di tempo mi chiede di provare un rapporto anale… io mi vergogno anche di chiederlo a Lei, dottore… se è una cosa normale… Siamo abbastanza liberi, i rapporti orali li ho accettati di buon grado anche perché mi sembrano normali, ma questa ultima richiesta… Alcune mie amiche mi dicono che è normale, che è anche piacevole… altre mi dicono che sono cose che se c’è l’Amore non si devono fare… mi dica Lei…”.

Io chiedo comprensione ai Lettori del Gazzettino, ma sono un Medico Sessuologo e anche il rispondere a tali quesiti è mio dovere.

Dirò subito che il “normale” e l'”anormale” non si possono tagliare con una linea netta. Dirò anche che l’Amore non c’entra con quel che si può fare o non fare a letto; anzi, è proprio l’Amore, fatto di rispetto, di fiducia, di abbandono l’uno all’altro, che nobilita e non rende squallide alcune pratiche sessuali anche spinte; sempre che si sia tra adulti consenzienti, senza alcuna prevaricazione.

La moderna Sessuologia considera oggi i rapporti anali come una normale variazione al rapporto erotico, praticata senza problemi da molte coppie. Non è pericolosa se fatta con delicatezza, con stato psicofisico rilassato da parte della donna, se questa è portata ad un livello erotico che fa sì che essa si senta non strumento ed oggetto di piacere, ma compartecipe attiva; ecco perché per molte donne anche tali rapporti possono essere fortemente piacevoli e gratificanti con un partner e spiacevoli o dolorosi con altri.

Ma perché gli uomini li chiedono? Per vari motivi. Intanto è da dire che le natiche femminili hanno da sempre rivestito un forte richiamo sessuale per l’uomo, e da ultime ricerche e statistiche sembra che anche quelle maschili rivestano un richiamo erotico per le donne. Alcuni uomini, i più gretti, pensano ai rapporti anali come pratica anticoncezionale. Altri possono avere una omosessualità latente. Altri non considerano più la vagina erotica, specie dopo la nascita di un figlio perché, nevroticamente, la associano alla riproduzione… altri perché la vagina è diventata più larga…

Diciamo subito che tali motivazioni sono o grette, o banali, o nevrotiche e quindi la donna anche solo per questo, ha buon motivo di rifiutare e di non erotizzarsi all’idea.

Altri uomini anelano a questo contatto per un desiderio di fusione totale, per una “appartenenza” ancora più completa. Beh, magari in questo caso la donna può sentirsi lusingata dal desiderio di lui, può provare, e se anche a lei piace, non c’è niente di anormale a farlo.

Ma anche se la richiesta di lui avesse realmente le radici più romantiche del mondo, questo non la obbligherebbe ad accondiscendere. Mai fare qualcosa contro la propria volontà a letto: solo se l’iniziativa di lui fa superare pregiudizi e paure e permette di scoprire un desiderio ed un piacere che è anche di lei, allora come tutte le pratiche sessuali, anche questo tipo di rapporto diventa un veicolo d’Amore.