Da “Il Gazzettino” del 18/06/2001

La pedofilia dal punto di vista medico è considerata una perversione sessuale grave. Le perversioni sessuali oggi, con un termine meno dispregiativo, sono chiamate “parafilie”, ma la sostanza non cambia.

La pedofilia, quella vera, quella cioè che riguarda individui adulti, di oltre sedici anni, di solito uomini, che sono eccitati sessualmente “soltanto” da bambini impuberi, sotto i 13 anni, è da considerarsi una malattia, un disturbo mentale.

Quindi c’è una differenza sostanziale tra individui semplicemente viziosi, che funzionano sessualmente anche con partner adulti e che sono magari anche sposati e con figli, che vogliono provare anche l’esperienza con un bambino, ed i pedofili veri. Come c’è una differenza tra chi sfrutta la prostituzione di bambini e produce anche film per poi farne lauti e criminosi guadagni. E differenza ancora c’è tra il reato di pedofilia vera e propria (bambino impubere) e quello di abuso di minorenne, però dopo l’età delle pubertà. Oppure di prostituzione minorile, o di incesto. Ed inoltre tra pedofilia non accompagnata da atti di violenza e l’atto pedofilo di per sé che il più spesso è masturbatorio e che nella maggior parte dei casi si consuma tra familiari.

Ci sono insomma delle differenze, ma dal punto di vista medico l’interesse maggiore è ovviamente quello del pedofilo propriamente detto, cioè di quello che si eccita solo con bambini impuberi. Le altre categorie attengono quasi sempre unicamente ai reati e quindi soggette alle leggi vigenti nei vari Stati.

I pedofili veri, e specie se recidivi e violenti, configurano senz’altro una forma di psiconevrosi ossessiva su una base di grave psicopatia. Questa è la categoria alla quale senz’altro si riferiva nella sua proposta di “anche curarli” il prof. Veronesi, Ministro della Sanità, insigne clinico dal lucido pensiero laico. Ed a questa categoria senz’altro si riferiva il dottor Carlo Nordio, magistrato sempre chiaro nell’esporre il suo pensiero, in un suo recente articolo di stampa, quando diceva che nella pedofilia dobbiamo tener conto dei confini non netti tra vizio, devianza e malattia.

Come cercare di curare la pedofilia, per motivi di spazio ne parleremo al prossimo articolo.

Da “Il Gazzettino” del 28/05/2001

Ad un recente, importante corso di aggiornamento in Andrologia, tenutosi a Montesilvano (Pescara), al quale ho partecipato, si è parlato di alcuni aspetti che reputo interessanti per i lettori della mia Rubrica.

Molte attese e speranze per la prossima uscita di un nuovo farmaco, l’apomorfina che, a dosi basse, dovrebbe dare un buon risultato sui disturbi sessuali erettivi maschili. Dovrebbe stimolare anche il desiderio sessuale, sia nell’uomo che nella donna.

E’ da tenere sempre presente, comunque, che sia per l’uomo che, soprattutto per la donna, il desiderio è una questione di fantasia, di testa, di innamoramento. Gli Antichi credevano che il desiderio venisse dalle stelle, dagli astri, da cui forse anche il nome “ de-sidera”.

Ancora oggi, io credo, un cielo stellato assieme a chi ci piace, magari in riva al mare e d’estate, può senz’altro accendere il desiderio. Ma il desiderio, oggi sappiamo, è stimolato anche dagli ormoni, soprattutto il testosterone e dai neurotrasmettitori, soprattutto la dopamina. Speriamo che lo sia anche dall’apomorfina, vedremo.

Per rimanere sul tema del desiderio si è evidenziato da ampie e probanti statistiche che nel 50% dei maschi settantenni non ci sarebbe più desiderio sessuale: ma se ciò non da stress, dispiacere, depressione, se il maschio in questione è comunque sereno, appagato dalla sua vita di affetti e di relazione, allora egli non è da considerarsi un soggetto con disturbo sessuale. Per la donna questo già lo si sapeva: donne anche giovani e sane possono avere periodi di assenza di desiderio, ma quando questo stato non dà loro stress ed esse sono appagate da altri aspetti della vita, non si può dire che esse abbiano un disturbo sessuale.

Per cambiare argomento si è evidenziato, sempre da ampie statistiche, che parecchi ragazzi, sui 16/17 anni iniziano la droga leggera ed anche pesante per problemi sessuali,  che ovviamente non vengono risolti ma aggravati  e  complicati. La prevenzione primaria nei disturbi sessuali dei giovani deve iniziare da una competente informazione, mai dimenticando di evidenziare i danni provocati da fumo, alcool e droghe per una sinergia di effetti negativi che si evidenziano addirittura con un abbassamento del livello del testosterone; altri elementi negativi per il sesso sono lo stress e l’obesità, mentre effetto benefico ha l’attività fisica.

Altro aspetto trattato molto interessante: il paziente 45/55 enne che ha una disfunzione erettile è bene sia indagato anche per eventuale rischio di cardiopatia-coronaropatia, in quanto i fattori di rischio cardiocircolatorio ed erettile sono all’80% sovrapponibili.

Si è ribadito il concetto che l’Andrologia (disturbi sessuali maschili su base organica) sente sempre di più l’esigenza di una associazione con la Sessuologia (disturbi sessuali su base psicogena).

Inoltre, auspicabile e spesso necessaria, una  integrazione con la sessualità femminile. Ormai in ogni Corso di  aggiornamento di Andrologia c’è una sessione di studio sulla sessualità femminile che comincia anch’essa ad essere indagata con metodi scientifici e curata con farmaci oltre che con psicoterapia. Si è parlato a tal proposito di una possibile assunzione di androgeni non virilizzanti (D.H.E.A.) in donne con carenza androgenetrica dovuta anche, ad esempio, all’uso della pillola contraccettiva. E inoltre di possibile assunzione anche nella donna di Sildenafil (Viagra), o di prostaglandine per uso topico quando manchi la lubrificazione, ad esempio per assunzione di pillola contraccettiva o per assunzione di psicofarmaci o in menopausa.

Insomma, buone speranze per tutti, uomini e donne.

Da “Il Gazzettino” del 21/05/2001

Una  domanda postami tramite il Servizio del Gazzettino “Il Sessuologo risponde”, credo meriti di essere riportata in questa Rubrica settimanale.

Una giovane mamma mi dice di avere scoperto che il suo bambino di 5 anni “giocava al dottore” con  una sua compagna di pari età. Mi riferisce che lei è  “molto preoccupata”, ma ha fatto finta di non vedere. Mi chiede come dovrà comportarsi per evitare “cose più gravi”.

Mi sono sentito, così, in diretta per telefono, di dirle di non preoccuparsi più di tanto.

Le tappe della sessualità, molto schematicamente si possono così individuare. Le prime sensazioni piacevoli si può ipotizzare che il bambino le viva già nel ventre materno; poi i primi tempi dopo la nascita le sensazioni piacevoli sono l’essere accudito, accarezzato, abbracciato e possibilmente nutrito al seno. I primi anni ci sono le esplorazioni da parte del bambino, toccandosi il corpo, genitali compresi. In età prescolare poi, per un bisogno di conoscersi anche nelle differenze tra maschi e femmine si “gioca al dottore”, ci si spia mentre si fa pipì, ci si confronta col proprio e con l’altro sesso.

Con la pubertà poi si comincia a sperimentare il piacere sessuale, di solito con l’autoerotismo, più i maschi che le femmine. Iniziano le fantasie ed i desideri sessuali. Iniziano anche le prime relazioni amorose che sono intense, idealizzate, di solito brevi. E poi c’è il primo bacio con sensazioni emotive e fisiche. Il “petting” è un modo per scoprire parti del corpo e gesti che provocano piacere a se stessi ed al partner e che portano, chi prima e chi dopo, ma mediamente sui 16-18 anni, al “grande momento”, alla prima volta del rapporto sessuale completo. Quindi queste tappe devono essere dai genitori capite e vissute come naturali e normali e non inibite o fatte vivere dai loro figli con senso del peccato o con paure fuori luogo e fuori tempo.

Clima psicologico quindi aperto e sereno, attento alle deviazioni ed alle esagerazioni, ma senza vedere peccato o malattia o devianza dove non c’è. Ricordandoci sempre, noi genitori, anche le nostre tappe sessuali, i nostri timori, le nostre angosce sessuali e facendo eventualmente una revisione critica di come noi siamo stati sessualmente diseducati o mal capiti, o il più spesso ignorati, dai nostri genitori in un  contesto sessuofobico espressione di altri tempi.

Da “Il Gazzettino” 14/05/2001

Una signora mi telefona al Servizio del Gazzettino “Il Medico risponde”.

Mi dice che a lei sembrano esagerate le donne che si lamentano di non raggiungere l’orgasmo, e che forse non sanno neanche quello che dicono, nel senso che mitizzano una sensazione, la immaginano talmente grande e quindi dicono di non averla mai provata. Mi dice che secondo lei la donna per raggiungere l’orgasmo “deve stare sopra l’uomo… questo è il segreto…”

La prima parte del discorso posso anche condividerla: in sessuologia ci sono falsi miti, tipo l’orgasmo simultaneo, l’orgasmo urlato, l’orgasmo quasi come una crisi epilettica o isterica. Ma è anche vero che l’orgasmo è una sensazione di piacere bellissima, molto forte, con delle contrazioni dei muscoli interni dell’apparato sessuale femminile, e sicuramente non la fanno stare immobile neanche con gli altri muscoli, e neanche muta come un pesce.

Insomma c’è una giusta misura in tutto, ed anche nelle manifestazioni dell’orgasmo. I miti, nella sessualità, derivano dal fatto che si è passati da una sessuofobia fino ad  un recente passato e specie per le donne per cui di sesso non se ne doveva neanche parlare, ai giorni d’oggi in cui se non si è al massimo in tutto, ed anche nel sesso quindi, ci si sente inadeguati. Inoltre è da dire che se all’orgasmo ci si pensa troppo mentre si fa all’amore, nella donna avviene una ansia di prestazione per cui lo si blocca. E’ quanto succede agli uomini per l’erezione o per l’eiaculazione precoce.

Sul fatto della posizione è vero che la donna lo raggiunge più facilmente se è sopra, perché l’angolo che si forma è più propizio alla stimolazione del clitoride, perché il ritmo e la profondità delle spinte lo decide lei. E poi, forse, anche perché alcune donne si sentono più trasgressive e… comandano loro il maschio anche in una funzione dove sono sempre state agite e non attrici.

Ma soprattutto sono le fantasie ad eccitare la donna, a farla entrare “nel pallone” dell’erotismo.

Ecco perché è necessaria una durata sufficiente del rapporto sessuale, dopo parecchi preliminari, ed è necessario un uomo che piaccia e che sappia contribuire a creare un “clima” rilassato e divertente. Se poi c’è anche l’Amore, allora è il massimo.

Da “Il Gazzettino” del 07/05/2001

Mi viene a consulto una coppia, 71 anni lui, 70 lei.  Sono sposati da 50 anni, hanno due figli sposati e dei nipotini. Si capisce che si vogliono bene. Il problema di lui è che…

”da alcuni anni sono stato operato di prostata… tutto bene ma non ho più l’eiaculazione e anche l’erezione è stentata… ma sono contrario al Viagra… inoltre il pene mi si è storto molto in questi ultimi anni… ho fatto terapie col laser ma senza esito. Lo specialista urologo mi ha detto che dovrei operarmi per raddrizzarlo ma mi si accorcerebbe di 5 cm… io non so… ecco, ci sia un consiglio onesto Lei.”

La moglie dice che si vogliono bene e che lei farebbe benissimo a meno del sesso penetrativo  ”le carezze ce le facciamo e ci soddisfano”.

Mi sento responsabile della risposta che darò perché avverto che mi daranno piena fiducia.

Come medico so bene che per le malattie che possono compromettere la vita si deve sempre tentare di curare: ma anche in questi casi senza accanimento terapeutico e sempre rispettando la volontà del paziente.

Il morbo di La Peyronie o induratio penis o pene storto è una malattia, consistente in placche sclerotiche della tunica albuginea del pene, che può arrivare a impedire l’atto sessuale, ma non compromette niente altro.

Il paziente è un iperteso in terapia con dei farmaci che contribuiscono ad attenuare la potenza sessuale. Ha difficoltà erettive che andrebbero indagate e curate. E’ stato operato di prostata e dice di non sentire più piacere dato che non ha più l’eiaculazione. Ha 71 anni. Mi sembra effettivamente preoccupato e poco convinto di farsi operare. Ha una vita buona negli aspetti affettivi. Ha una moglie per nulla esigente nei riguardi della sessualità.

Tutto questo considerando, sconsiglio l’operazione: mi appare soddisfatto del consiglio datogli, quasi con un peso in meno; dice che faranno un bel viaggio, lui e la moglie.

L’Andrologia, anche in questo caso, appare legata indissolubilmente alla Sessuologia e la sessuologia riguarda non solo la terapia dei disturbi psicosessuali ma anche l’indagine e la comprensione dei comportamenti e dei desideri sessuali, e delle paure, e delle perplessità in quest’ambito.

Questo caso per contrapposizione mi ricorda un altro caso di cui scrissi un articolo. Un signore di 82 anni il quale aveva ancora desiderio ma difficoltà erettive. Aveva una compagna molto più giovane di lui. Anche in quel caso vennero a consultarmi insieme. In quel caso, dopo accurati esami, volentieri e convinto lo aiutai con dei farmaci.