Da “Il Gazzettino” del 09/09/2000

“Egregio dottore, da quando avevo 16 anni ho notato che qualcosa in me non funzionava bene dal lato sessuale… o psicologico, non so. Ero timidissimo; in realtà negli approcci ero anche forse simpatico, o fortunato, non so, temevo però sempre di dover arrivare al dunque con le ragazze e a quel punto mi sentivo non idoneo, non sicuro, non pronto.
Ho fatto il servizio militare e poi ho ripreso gli studi e sto quasi per laurearmi. La timidezza mi è quasi scomparsa, ma credo perché mi sono rassegnato… Non ho ancora avuto alcuna esperienza sessuale proprio perché anche adesso mi fermo al corteggiamento, ai baci, e poi… scappo via. Ho normale desiderio sessuale e mi piacciono le ragazze. Non so se augurarmi che mi passi anche questo perché, stando così le cose, soffro troppo. Tre anni fa ho preso coraggio e ne ho parlato al mio medico di famiglia. Mi ha fatto fare una visita da un medico specialista urologo, il quale mi ha detto che sono a posto e mi ha suggerito uno psicologo. Andai diverse volte dallo psicologo, per circa sei mesi, ma… gran parlare e nessun risultato.
Ultimamente il mio medico mi disse che potrei provare il Viagra… ma se a 25 anni devo arrivare a tanto… meglio rassegnarsi!”

La lettera meriterebbe una lunga ed articolata risposta.

Intanto Le dico che non deve rassegnarsi un bel niente. E’ giovane, ha una normale e sana voglia di ragazze. Sicuramente non avrà nulla dal lato organico, come Le ha detto il medico specialista urologo, ma io Le consiglio di consultare un medico andrologo.

Fino al 1993 la Andrologia era legata, in alcune Università, alla specializzazione in Urologia; attualmente è legata, sempre in alcune Università, alla specializzazione in Endocrinologia; inoltre, ultimamente, sono stati istituiti da alcune Università, dei Corsi di Perfezionamento in Andrologia, e prossimamente sarà istituita una specializzazione autonoma in Andrologia.

Tali aspetti normativi sono utili a conoscersi per sapere a chi rivolgersi, specie oggi che la Andrologia ha assunto una rilevante importanza, sia per i progressi diagnostici e sia per le ultime scoperte terapeutiche.

Bisogna, in Medicina, arrivare sempre ad una diagnosi corretta. Se la Sua diagnosi, come credo da quanto mi scrive, sarà “ansia da prestazione” e cioè non organica, ma psicologica, allora Lei si dovrà rivolgere ad un Sessuologo.

Il Sessuologo potrà essere o uno Psicologo, purché sia anche psicoterapeuta ed esperto in problematiche sessuali, e quindi non un semplice psicologo, oppure un Medico con le stesse caratteristiche, di essere cioè uno psicoterapeuta esperto in problematiche sessuali. Io propendo per questa seconda figura professionale, che il Sessuologo sia un medico, e non perché io sono tale, ma perché un medico può dare anche qualche farmaco, che può servire anche quando le cause sono psicologiche, anche perché nella maggior parte dei casi le cause sono, in varie proporzioni, sia organiche che psicologiche.

Spero di averLe dato delle utili informazioni.

Da “Il Gazzettino” del 02/09/2000

Rispondo a due lettere.

Una è di un signore di 80 anni di Bassano. Mi chiede se la masturbazione, con la quale raggiunge l’orgasmo aiutandosi con fantasie e ricordi di quando era giovane, possa provocare danno alla salute e fino a che età questa attività sessuale può sussistere. Mi dice che ha letto tanto tempo fa “Fisiologia del piacere” del Mantegazza e mi chiede se i concetti ivi espressi sono superati dalle conoscenze odierne.

Rispondo: se la masturbazione, come ogni altra attività sessuale, non è forzata né da farmaci, né da ossessività o compulsività psichica, essa non è considerata oggi dannosa; Paolo Mantegazza ha scritto il suo libro “Fisiologia del Piacere” nel 1877.

Ho scritto varie volte sulla masturbazione ed anche ultimamente due lunedì fa, sempre su questa rubrica.

L’altra lettera, molto umana e con molti risvolti psicologici e dubbi morali da parte del marito, è di una giovane signora di 31 anni.

In sintesi la signora mi dice che vorrebbe un figlio che “tarda” ad arrivare. Fatti i dovuti accertamenti è risultato che… “io sono normale, mentre il marito ha un varicocele di terzo grado al testicolo sinistro che probabilmente costituisce la causa prima dell’astenospermia che gli è stata riscontrata dal medico urologo, il quale gli ha consigliato di operarsi.”.

Il punto è che il marito non vuol sentire di farsi operare, sia perché dice che non c’è la certezza che l’intervento risolva il suo problema, sia perché il figlio non rappresenterebbe più “un dono di Dio”, ma sarebbe “intervento della medicina”.

Rispondo con qualche osservazione: bisognerebbe intanto sapere da quanto cercate di avere un bambino; ed anche l’età di Suo marito.

Per ciò che sono i dubbi di Suo marito, non mi sento di essere d’accordo con lui.

E’ ormai accertato che una delle cause patologiche principali della sterilità, per ciò che riguarda l’uomo, è appunto il varicocele. L’operazione non è, di regola, né difficoltosa né pericolosa. L’esito, come sempre in medicina, non può essere ovviamente garantito, ma è molto probabile che ci sia un netto miglioramento dello spermiogramma, specie se il soggetto è giovane e se sarà seguito dal lato clinico-seminologico da un medico andrologo.

Anche sotto il profilo filosofico-religioso non sono d’accordo con Suo marito: credo che Iddio dia “i suoi doni” più facilmente a chi li sa apprezzare e si può senz’altro fare qualche sacrificio per cercare di ottenerli.

Da “Il Gazzettino” del 22/08/2000

Una giovane signora mi scrive:

“Gentile dottore, non ho mai raggiunto l’orgasmo con mio marito. Non ho mai praticato l’autoerotismo. Io voglio bene a mio marito, mi piace fare l’amore con lui, è stato il mio unico uomo, abbiamo due bambini. Sono cresciuta in una famiglia molto religiosa ed anch’io lo sono, anche se non molto praticante. Ho parlato del mio problema con uno psicologo il quale mi ha detto che è tutta colpa dell’educazione religiosa che ho “assorbito” in famiglia. Non so cosa fare: può essere questo?”

Gentile signora, io non sono un teologo; sono un medico che si interessa di problemi sessuali. Come tale devo essere laico e libero. Per quel che so, l’educazione cristiana ha come punto saldo e fermo che il sesso è peccato se inteso al di fuori della famiglia. Il “peccato” del piacere del sesso si riscatta col matrimonio e con la paternità ricercata dal marito e la conseguente maternità ricercata dalla moglie. Il sesso fatto in quest’ambito di matrimonio, anche se dà piacere sessuale non è più peccato. In tutti gli altri casi è peccato.

Questo sicuramente avrà voluto intendere lo psicologo al quale Lei si è rivolta. Il fatto che Lei sia sposata, quindi ha un matrimonio consacrato dalla Chiesa, non ha però fatto il miracolo di farLe provare il piacere sessuale o, meglio, il massimo di questo che è l’orgasmo.

Ovviamente non è facile passare da un piacere considerato peccato, ad un piacere considerato lecito, solo perché il sacramento del matrimonio gliene dà il permesso.

Altro non so dirLe su questa linea. Ma ben altro, da un punto di vista medico e psicologico, è la sessualità. Deve esserci, per godere pienamente il sesso, una buona salute generale, un buon equilibrio psico-emotivo, una gioia di vivere, senza troppi condizionamenti sociali o assurdi sensi di colpa che bloccano la normale e naturale espressione del piacere sessuale e dell’orgasmo. Deve essere compito di un medico esperto di sessuologia, indagare prima di tutto sull’aspetto medico e poi sull’aspetto psicologico per cercare di rimuovere i blocchi che si sono formati per varie cause, anche educative sbagliate o obsolete e non più attuali.

Mi scrive una signora, mamma di una giovane donna di 32 anni. La figlia, sposata da un anno e che aspetta un bambino, le ha confessato di non amare suo marito, perché ancora innamorata del precedente uomo col quale aveva avuto una storia importante.

La relazione precedente viene descritta come coinvolgente, completa, sia sessualmente che emotivamente, vero Amore, insomma. E’ finita per volontà della figlia, in quanto “amore impossibile” essendo questo uomo già sposato e non sentendosi egli “…e neanche mia figlia…” di “…rovinare una famiglia”.

Il matrimonio, con un buon ragazzo della sua età, è avvenuto circa un anno dopo – “a me sembravano tanto innamorati… invece…”.

La lettera merita qualche riflessione. Intanto dovrei sentire la figlia, diretta interessata.

Sapere molto di più sulla precedente relazione. Sapere molto di più, soprattutto, della spinta a sposarsi appena un anno dopo con questo “bravo giovane”. “Bravo” solo per la mamma o anche per la figlia? Ed in che cosa e perché? E il padre esiste o no, è come è vissuto o è stato vissuto dalla figlia? E la ragazza è autonoma o dipendente, e non parlo solo dal lato economico o lavorativo, ma dal lato emotivo e psicologico.

Tutte queste mie domande, che come psicoterapeuta sono abituato a fare, sono necessarie per capire le motivazioni di un matrimonio evidentemente senza Amore o solo con l’illusione dell’Amore.

Forse è un bisogno di dipendenza affettiva, una paura di stare da soli per un periodo adeguato a “metabolizzare il lutto” per un amore voluto troncare perché ritenuto “impossibile”.