Da “Il Gazzettino” del 06/11/2000

“Morosetti” da due anni, entrambi 24enni, studenti universitari. Lui è in cura da me, da qualche mese, per una forma di impotenza (deficit erettivo), diagnosticata dal suo medico di base, dopo una visita specialistica urologica, come “psicogena” e per la quale era stato in psicoterapia da uno psicologo per oltre un anno, senza alcun risultato.

Alcuni esami specifici, andrologici, che io feci fare, dimostrarono una “fuga venosa” e quindi il caso, sbrigativamente e superficialmente etichettato come psicogeno, è perlomeno una “forma mista”, come il più delle volte accade di evidenziare con esami andrologici e sessuologici approfonditi.

E’ venuta ad accompagnarlo alcune volte anche la ragazza. La ragazza è ancora vergine, gli vuole bene, ma i due anni di difficoltà l’hanno stancata e resa insicura anche di se stessa e di amarlo…

“…dottore, sono due anni, ormai non ci proviamo più, io mi sentirei quasi obbligata per provare se lui funziona, e poi mi ha detto che lo psicologo una volta gli ha fatto capire che potrebbe essere anche in parte colpa mia…”

La tranquillizzo e continuo a curare il ragazzo.

Vengono in studio pochi giorni fa. Sono contenti ma agitati, a lei spuntano le lacrime… Mi racconta, sintetizzando, che la sera prima…

“…ce l’abbiamo fatta, ma… per l’emozione di entrambi, e per l’inesperienza, il preservativo è rimasto dentro… ho fatto subito i calcoli ed ero al 16° giorno… ed allora… lei capisce, siamo studenti… non possiamo assolutamente permettercelo… siamo andati subito al Pronto Soccorso prima e poi alla Guardia medica… dottore, mi creda, sarà perché era mezzanotte, sarà perché eravamo agitati, ma ci hanno trattati come dei tossicodipendenti… “Scherzate?”, ci hanno detto, la “pillola del giorno dopo” non c’è, con le altre pillole anticoncezionali c’è il rischio di trombosi… hai tempo 72 ore (al pronto Soccorso), hai tempo 12 ore (alla Guardia Medica)… Insomma ho capito che erano impreparati e non volevano prendersi responsabilità… Si immagini come abbiamo passato la notte. Il giorno dopo siamo andati in un ospedale grande, del capoluogo, in reparto ginecologia ed una dottoressa mi ha detto che loro sono obiettori di coscienza, per cui per loro è come fare un aborto, come uccidere una persona. A questo punto mi sono fatta coraggio e sono andata dal mio medico di famiglia, scongiurandolo di non dire nulla ai miei genitori che mi scaccerebbero da casa se sapessero, il quale mi prescrisse una pillola anticoncezionale da prenderne subito 4 pastiglie ed altre 4 dopo 12 ore. Dottore, “sono venute”, è finito l’incubo…”

Quante osservazioni si potrebbero fare! Le faremo a puntate, a causa dello spazio sempre tiranno.

Ma una osservazione la voglio fare, anche perché da tre giorni è in vendita la “pillola del giorno dopo”.

Io penso che la Chiesa, per ciò che sono le sue regole morali e per i praticanti cattolici cristiani osservanti che le vogliono seguire, possa dire che è contraria; ma non può e non deve esortare i medici e i farmacisti alla “obiezione di coscienza”, perché questa è un’invadenza intollerabile nelle Leggi del nostro Stato laico, in quanto non tiene conto della separazione tra i poteri della Chiesa e quelli dello Stato, il che è un fondamento di ogni moderna società.

Io, lo sa chi mi conosce di persona o attraverso i miei articoli, sono un medico laico e libero; non mi sentirei tra l’altro di potere esercitare, se tale non fossi, la mia particolare appassionante e delicata professione di medico sessuologo. Per la chiarezza e la libertà di espressione, voglio dire che sono a favore del principio con cui l’OMS già dal 1985 ha stabilito che la ” gravidanza” ha inizio con l’annidamento dell’ovulo fecondato all’interno dell’utero; quindi la “pillola del giorno dopo” per definizione non è “abortiva” ma “anticoncezionale”. Ne parlerò più diffusamente nel prossimo articolo.

Da “Il Gazzettino” del 26/10/2000

Tramite “Il Gazzettino”, mi scrive un signore da Pordenone:

“…ho 84 anni e non ho nessuna voglia di passare a miglior vita …da ormai due anni ho subìto un intervento alla prostata per ipertrofia prostatica benigna ma che mi aveva provocato una ostruzione cervico-uretrale. Sono stato operato bene, col metodo T.U.R.P. Ma quando faccio sesso, sono vedovo, ma ancora ogni tanto ne ho l’occasione, con l’orgasmo non ho l’eiaculazione, adesso mi sono abituato ma la prima volta rimasi scioccato, anche perché nessun medico mi aveva informato…”

La lettera continua a lungo, spiritosa, simpatica, ma penso si possano già fare alcune considerazioni.

Innanzi tutto il fatto che la sessualità possa esserci anche a tale età e che di solito una sessualità duratura e vivace si accompagna ad una buona salute psico-fisica dell’individuo, anche se con qualche problema in una lunga esistenza, come quello per cui dovette subire l’intervento chirurgico il signore che mi scrive.

Altra importante considerazione è il significato, il valore che l’uomo dà, ad ogni età, alla sessualità, al poterla esprimere in maniera “completa”. Il signore della lettera si lamenta infatti…

“…tutto il resto va bene… mi posso accontentare alla mia età …ma non c’è la eiaculazione.”

L’ultima considerazione, la più importante, è quando il paziente dice: …

“nessun medico mi aveva informato che poteva capitarmi di non riuscire più ad eiaculare…”.

Io, dico la verità, come prima impressione, leggendo la lettera, stentai a credere che questo potesse essere successo, cioè che nessun medico lo avesse informato di un esito che è anche molto frequente nelle operazioni del genere, anche perché un signore così vivace e lucido, mi dissi, avrà pur chiesto lui ai medici se l’operazione poteva avere delle conseguenze sulla sua sessualità. Ma rileggendo la lettera, molto lucida e con aspetti di ironia e di buon senso, indici di valida intelligenza, ho pensato che i medici, avendo visto un signore di 82 anni, vedovo per giunta, abbiano sottovalutato il problema dell’eiaculazione all’esterno ed in generale l’aspetto sessuologico del paziente. Avranno pensato che la sessualità a quell’età fosse scomparsa o quasi, e che comunque l’eiaculazione non dovesse essere per lui un problema, dando per scontato che a quell’età uno non desideri più avere figli; ma sottovalutando invece il “significato” che un uomo che ci tiene al sesso dà al viversi sessualmente completo.

Comunque, noi medici dobbiamo ricordarci sempre di parlare al paziente, di non essere avari di spiegazioni, di sforzarci ad usare un linguaggio comprensibile a chi non è medico, di avere tempo da dedicare ad ogni paziente. Ed in più il medico, di qualsiasi specialità, deve essere anche psicologo, deve sapere entrare in sintonia col paziente, deve farlo parlare per capire ciò che più gli preme o lo preoccupa.

Nel campo poi specifico dell’andrologia, l’andrologo deve sapere essere e saper fare anche il sessuologo, proprio per capire ciò che rappresenta, per ogni uomo, una disfunzione sessuale; sia essa una “diminuzione del desiderio”, o un “calo di potenza”, disturbi tra l’altro molto spesso iatrogeni, da farmaci cioè; o che si tratti di “disturbi dell’eiaculazione”, come nel caso specifico di questo signore.

Se al paziente si parla, facendosi capire, e sempre con empatia e simpatia e rispetto per i valori che la persona esprime, anche se differenti dai nostri, il paziente accetterà meglio qualche effetto collaterale che le terapie mediche e gli interventi chirurgici potrebbero comportare.

Da “Il Gazzettino” del 20/10/2000

Tra le tante lettere che ricevo tramite Il Gazzettino, ne scelgo una per i vari risvolti sessuologici ed andrologici insieme, che essa evidenzia.

E’ una coppia, lei di 36 anni e lui di 38. Sposati da 10 anni, hanno deciso da circa due anni di avere un figlio, ma questo non arriva.

Vari esami di lei evidenziano una normalità dell’apparato genitale, ma “…mestruazioni da sempre un po’ irregolari, a volte ogni 40 giorni”.

Anche il marito è stato indagato da un andrologo. Questa è già una fortuna, una cosa buona sulla quale non si insisterà mai abbastanza. In linea di massima in una coppia con difficoltà di procreazione, intendendosi con questa definizione una coppia che dopo oltre un anno di rapporti sessuali abbastanza frequenti e con finalità procreativa, non abbia avuto esito positivo, un 40% di causa è attribuibile alla donna, un altro 40% all’uomo ed un 20% attribuito a “incompatibilità generativa” di coppia, che meglio sarebbe chiamare “da cause ancora sconosciute”.

Dunque, continuando nella lettera mi si dice che anche l’uomo è stato indagato, ed anche in lui lo spermiogramma non è di fertilità al 100%. Gli spermatozoi sono in numero un po’ più basso rispetto all’ottimale, ed anche “poco mobili”. A lui è stata data una terapia che la moglie però non mi precisa. Ma la lettera continua:

“…è stato suggerito, a mio marito, di avere rapporti sessuali soprattutto nei giorni della mia presunta ovulazione… il ginecologo ci ha fatto uno schema con i giorni di maggior probabilità… egli quando lo deve fare così, a comando, non risponde… si è anche arrabbiato… dice che se i figli vengono, devono venire spontaneamente… Adesso non ha più voglia di fare all’amore… Cosa si può fare? …Mi dia un consiglio”.

Io dico che ci vuole una motivazione profonda, convinta, bilaterale di avere figli. Forse è questo che manca a suo marito. Come esperto di problemi sessuologici ed andrologici dico però che ha ragione quando egli dice che il sesso l’uomo non lo può fare a comando. Per far “sesso completo”, l’uomo ha bisogno di una valida erezione, e questa avviene per un suo meccanismo armonico, delicato, vulnerabile, che parte dal desiderio sessuale ed attiva un sistema di neurotrasmettitori e di ormoni che operano in maniera autonoma; mentre invece la obbligatorietà di avere un rapporto in quel determinato giorno può attivare, a chi più a chi meno, un meccanismo inibente l’erezione.

E’ quel fenomeno noto come “ansia da prestazione”. In realtà, esistono dei farmaci che possono facilitare nell’uomo una “erezione al bisogno”, e forse, se il desiderio di avere figli è forte anche in lui ciò si potrebbe tentare. Oppure si potrebbe prendere in considerazione un programma di fecondazione assistita. Ma ripeto, ciò necessita di una forte e convinta motivazione anche di lui, tenendo anche conto delle sue convinzioni morali e religiose.

Da “Il Gazzettino” del 10/10/2000

Sabato u.s. sono stato a Roma, ad un Congresso organizzato da Andros Italia, associazione di Medici che si interessano dell’Andrologia e che riunisce medici di formazione Andrologica-Urologica e di formazione Andrologica-medica.

Si svolge in media annualmente in varie città d’Italia e favorisce la divulgazione e la informazione sui più rilevanti temi andrologici in un’ottica soprattutto pratica ed all’avanguardia. Ricca la partecipazione di medici di base e di specialisti in varie discipline.

Si è parlato di “Erezione”, “Eiaculazione” e “Fecondazione”. Sui disturbi erettivi si è posto l’accento sulla necessità di fare prima di tutto la diagnosi, cioè di scoprire le “cause” del disturbo; non si deve, come purtroppo alcuni, anche medici, fanno, prescrivere una pastiglia di “Viagra”, così, alla cieca, per vedere ciò che succede. Si devono fare degli esami, mirati secondo il paziente, e dopo si darà la cura che potrà anche essere il “Viagra”, ma non è detto che sia questo o soltanto questo. Si è parlato di nuovi farmaci in fase avanzata di sperimentazione e che usciranno nel nuovo anno.

Le molecole e le sigle dei nuovi farmaci sono: “apomorfina”, “Bay 38-9456”, “IC. 351”, “U.K 357903”, “PNU 83757”. Il nome commerciale ancora non è stato dato. Potranno essere utili nelle forme in cui il Sildenafil (Viagra) non è efficace, o quando il paziente non vuole o non può farsi le iniezioni “in loco”, intracavernose, di prostaglandine.

Per l’eiaculazione precoce, a livello farmacologico ci sono i farmaci serotoninergici, alcuni più efficaci di altri, ma sempre associati ad una terapia sessuologica e psicoterapica specifica sessuale.

Sulla Fecondazione si è parlato delle Tecniche di riproduzione assistita, da quelle a bassa tecnologia quale la Inseminazione artificiale omologa (AIH), a quelle ad alta tecnologia quale la Fecondazione in Vitro (FIVET) e della Microinseminazione (ICSI).

Ma prima di utilizzare tali programmi di riproduzione assistita, bisogna fare sempre una valutazione diagnostica approfondita del maschio infertile; soprattutto un esame seminologico il più completo possibile; ma non solo, perché ad esempio anche la totale azoospermia potrebbe essere un segno, un sintomo, di varie patologie anche curabili.