Da “Il Gazzettino” del 29/01/2001

“Sono la moglie di un paziente “in dialisi”. Mio marito aveva già un deficit erettivo prima della terapia, che fa tre volte alla settimana. Ma da quando è in terapia non ha più rapporti sessuali. Appare depresso, non so se per tale motivo o per la sua malattia. Io gli voglio bene lo stesso, ma vorrei poter fare qualcosa soprattutto per lui che ha 45 anni. Grazie e distinti saluti”.

Cara Signora,

la patologia sessuale nei pazienti con sindrome uremica, cioè con insufficienza renale, è rilevante e circa il 50% degli uomini ed il 30% delle donne tende a non avere più rapporti sessuali; l’uomo riferisce ridotta libido e deficit erettivo; la donna ridotta capacità orgasmica e ridotta libido.

Non sempre la terapia emodialitica risolve tali problemi, anzi in alcuni pazienti i disturbi della sessualità compaiono o si aggravano dopo l’inizio della terapia, peraltro necessaria alla vita.

Il trapianto renale mostra una più alta percentuale di recupero della attività sessuale.

Le cause dei disturbi sessuali nei pazienti urecemici sono alterazioni ormonali ed anche altri fattori. Nei maschi si riscontrano livelli di testosterone (ormone sessuale maschile) ridotti ed estrogeni aumentati. Inoltre, spesso vi è aumento della prolattina ed è noto che anche tale aumento interferisce con la funzione sessuale erettiva.

Tra i fattori di natura non ormonale c’è l’intossicazione uremica, l’anemia, la polineuropatia.

Comunque, da tenere sempre presente che questi fattori metabolico-ormonali vanno inseriti nel contesto psicologico di un paziente colpito da malattia altamente invalidante, costretto a vivere in dipendenza di una macchina con vissuti depressivi importanti, e si sa quanto la depressione influisca negativamente nella funzione sessuale.

Quindi è auspicabile un sostegno psicoterapico e l’aiuto oculato di qualche farmaco, anche il sildenafil (Viagra), a dosi appropriate e sotto stretto controllo medico-andrologico.

Hanno stufato tutti, ed anche me, che ho una pazienza di Giobbe, maturatami dai tanti anni che ho fatto il medico psichiatra in Manicomio dove i ricoverati ed anche a volte noi medici  dicevamo sempre le stesse cose, a volte verosimili, molto più spesso deliranti. Ognuno rimaneva come era!

Voglio chiarire che non sono contrario alla vaccinazione, anzi secondo me avrebbe potuto essere resa obbligatoria sin dall’inizio; ma ormai quasi il 90% è vaccinato e non si può più, oggi, dichiarare esserci uno stato di emergenza sanitaria tale da imporre per Legge la vaccinazione obbligatoria. Quei pochi non vaccinati sono ovviamente più a rischio di ammalarsi gravemente, ma è una loro scelta e non sono gli unici a diffondere il virus, sebbene loro, a mio giudizio, più dei vaccinati, perché hanno una maggiore carica virale non contrastata dalla vaccinazione.

Quindi basta parlarne in maniera ossessiva, basta le mascherine all’aperto, basta minacce di obbligo per legge a vaccinarsi. Anche perché se si proclamano delle leggi bisogna esser certi a saperle fare applicare. Altrimenti si ritorna a quanto detto all’inizio: a un discutere all’infinito sempre di una stessa cosa con risultato di rimanere ognuno della propria opinione.

Da “Il Gazzettino” del 22/01/2001

“Gentile dott. Mercuri,
ho 45 anni, separata da quasi 10 anni, con un figlio ormai grande che vive con me. Io lavoro, ho amiche, ma per tutto questo tempo sono stata in astinenza. Non sono frigida, ma non mi è parso mai ne bello ne opportuno, come fanno tante mie amiche, “buttarsi via”, facendolo col primo giovanotto che si incontra nelle sale da ballo… anch’io qualche volta le frequento, ma mi sembra squallido, anche se le occasioni sarebbero facili e tante. L’ultimo dell’anno però ho conosciuto un uomo che avevo già visto qualche altra volta; più o meno dell’età mia, mi ha detto di essere anche lui separato da molti anni… non so se è vero… comunque mi era simpatico, mi ha fatto ridere e star bene quella sera… era l’ultimo dell’anno… insomma ci sono stata… ma non ho provato quasi niente, e ricordo che non ero così. Adesso sono pentita, non mi va proprio di rivederlo… Lei cosa mi consiglia?”

Cara signora,

intanto dopo 10 anni di astinenza ci si deve… riabituare.

E’ un po’ come farlo la prima volta: sono tante le aspettative, e non è mai bello come si pensa dovrebbe essere. Mi dice che è pentita: certo che, per una donna, avere un rapporto completo… ne deve valere la pena. L’ideale sarebbe esserne innamorate… ma per lo meno conoscerlo da un po’, avere fiducia in lui, sentirsi tranquille, oltre che attratte sessualmente. Far l’amore senza tali premesse e sensazioni, è quasi un farlo per forza o perchè lo fanno le altre, e farlo così non è mai una buona medicina; mentre il farlo con chi ci piace veramente è molto di più di una medicina.

Certo 10 anni di astinenza sono tanti, forse troppi; ma l’amore arriva quando vuole lui e quando noi siamo ricettivi a sentirlo e a farlo entrare.

Non si colpevolizzi troppo per quel che ha fatto; ma se non si sente di rivederlo… vuol dire che va bene così.

Da “Il Gazzettino” del 15/01/2001

Lunedì scorso ho parlato su questa Rubrica dei danni che l’alcoolismo può apportare alla sessualità, sia con comportamenti, sia come disturbo della potenza sessuale.

Un giovane uomo, la sera stessa del lunedì, al Servizio del Gazzettino “Il Medico risponde”, mi telefona, preoccupato:

“Dottore, ho letto il suo articolo – voglio raccontarle ciò che mi è successo… Ho 40 anni, sono sano… la sera di fine d’anno sono andato con mia moglie al cenone ed ho abusato un po’ negli alcoolici, ma ho anche mangiato tanto, e poi al ritorno a casa, a letto, con mia moglie, capisce… volevamo festeggiare, completare…, ma niente… non ha dato segni di vita… che sia stato che avevo bevuto un po’ troppo? Io di solito bevo uno o due bicchieri di vino ai pasti e, quando qualche rara volta vado a mangiare fuori, bevo un po’ di più…”.

Ho tranquillizzato il signore della telefonata, precisandogli alcuni punti che reputo opportuno estendere ai lettori della mia Rubrica.

Dunque, per “alcoolismo cronico” si deve intendere l’abuso, prolungato negli anni, di bevande alcooliche.

Questo comportamento dà dipendenza, cioè non si riesce più a non bere e di solito, anzi, c’è un graduale aumento delle dosi. E’ una vera e propria tossicodipendenza, così come accade per le altre droghe, tra le quali anche il fumo di tabacco. L’uso, invece, moderato, anche se giornaliero, ai pasti, di uno o due bicchieri di buon vino, non solo non fa male, non fa diventare alcoolisti, ma può fare anche bene; anche al sesso, perché può sbloccare qualche inibizione, può rendere più rilassati e più ottimisti.

Il signore della telefonata deve quindi stare tranquillo: quella défaillance sessuale può anche essere capitata per colpa della bevuta occasionale, unitamente al troppo cibo. E’ stato un episodio occasionale, che potrebbe anche ricapitare, a lui come a tutti ed anche indipendentemente da una “mangiata e bevuta”.

Certo che, saggiamente, quando si mangia e si beve un po’ troppo, non ci si deve sentire obbligati a… completare. E poi, cosa vuol dire che a fine d’anno… si deve. Mai, nel sesso “si deve”, né l’uomo, né la donna. L’amore lo si fa quando “entrambi” se ne ha voglia. L’obbligatorietà per una ricorrenza o per altro è facile che dia, proprio per l’ansia di doverlo fare (“ansia da prestazione”), una défaillance. E ciò specie se si è bevuto e mangiato troppo; con lo stomaco pieno il sangue affluisce copioso allo stomaco per digerire, e può mancare quindi… all'”organo”.

Perciò, niente paura, ma la prossima volta, dopo una cena abbondante è meglio fare una buona dormita.

Da “Il Gazzettino” del 09/01/2001

“Gentile dott. Mercuri,
mio marito mi fa impazzire, mi tormenta. Io ho 50 anni, lui 56. Ha fatto il muratore fino a 45 anni, poi è andato in pensione per invalidità per broncopatia cronica, nevralgie e cattiva circolazione agli arti inferiori. Da giovane è stato un buon uomo, lavoratore; ma col vizio di bere, come suo padre ed un suo zio. Da 4/5 anni mi ossessiona con la sua gelosia. Io sono sicura di me stessa, non l’ho mai tradito, gli voglio ancora bene, abbiamo un figlio sposato, e due nipotini.
Mi hanno detto che l’abuso di bevande alcoliche può fare questi effetti, ma lui di ricoverarsi per disintossicarsi non vuole saperne… mi dia un consiglio Lei”.

Gentile signora,

l’alcool in dose eccessiva e prolungata negli anni, dà dipendenza, e può causare quella sindrome psichica e fisica che si chiama “alcoolismo cronico”. Dal lato fisico è soprattutto il fegato, l’apparato cardiocircolatorio e nervoso a risentirne; dal lato psichico ne risente la sfera cognitiva ed anche quella comportamentale ed affettiva. Si perde il senso del “rispetto” dell’altro oltre che quello per se stessi.

Inoltre, sempre dal lato psichico, può evidenziarsi una sintomatologia chiamata appunto “gelosia dell’alcoolista”. Tale sintomatologia prende origine da una effettiva, organica impotenza sessuale più o meno grave, dovuta ad aspetti di disturbi metabolici e di lesioni nervose. Può accadere, nell’alcoolista cronico, che mentre la psiche è eccitata patologicamente dall’alcool e quindi il desiderio sessuale è aumentato, la potenza sessuale è, come detto sopra, diminuita o assente.

A questo punto può accadere che si sviluppino idee di gelosia patologica, completamente infondata fino a veri e propri deliri di gelosia. Anche perché tra lui che “non ce la fa” e la partner che ovviamente dà segni di non gradimento si crea un circolo vizioso che peggiora il rapporto fino a risolversi in un netto rifiuto da parte della donna, giustamente.

A questo punto l’uomo comincia a pensare che la donna non vuole più fare l’amore con lui perché ne ha un altro. E qui comincia il calvario.

Spero comunque che questo non sia proprio il suo caso, ma Le consiglio di insistere, assieme a suo figlio ed al suo medico di famiglia perché Suo marito, magari prendendo lo spunto dalle altre patologie che egli ha, possa essere ricoverato abbastanza a lungo per disintossicarsi e poi intraprendere un programma di recupero in un Centro adatto per gli alcoolisti.