Da “Il Gazzettino” del 26/02/2001

“Gentile dottor Mercuri,
conviviamo, io e il mio compagno, da circa sei anni, non abbiamo figli, lavoriamo entrambi fuori casa, io ho 32 e lui 34. Dunque, da circa un anno, ma forse anche da due, non c’è più, da parte di lui, quella passione dei primi anni. Insomma lui ultimamente non mi cerca più, o meglio passerebbero anche dei mesi se fosse per lui… a me non sembra giusto che sia sempre io a prendere l’iniziativa e glielo ho detto e lui mi ha risposto “allora prenderò il Viagra”. Ma mi creda, se avesse bisogno del Viagra per far l’amore con me, io lo lascerei subito. Attendo un suo parere.”

Gentile Signora,

Faccio alcune osservazioni necessariamente sintetiche per via dello spazio.

Le dirò intanto che è normale che la “passione”, quella sessuale, cali dopo i primi tempi che ci frequenta sessualmente; i tempi sono variabili a seconda dei temperamenti di ognuno e a seconda della coppia. Se questa è libera sessualmente, spregiudicata e fantasiosa, può creare situazioni eroticamente stimolanti per un lungo periodo; ma anche in tali fortunati casi gli stimoli, ovviamente, col tempo si attutiscono.

Le soluzioni sono: o cambiare partner appena ciò succede, ma allora non ci sarebbero più unioni stabili né di convivenza né tantomeno di matrimonio, oppure cambiare gli obiettivi, gli scopi, i motivi di una unione “stabile” che già in partenza, in realtà, dovrebbero essere una progettazione di vita in comune, una condivisione di valori sociali e morali, ed anche il desiderio, se c’è in entrambi, di avere e di educare i figli.

Il secondo punto, su chi è giusto che prenda l’iniziativa, le rispondo che in una coppia affiatata, “chi più ha più dà”, di tutto: soldi, affetto, fantasia, erotismo, e sempre senza rimarcarlo.

Il terzo punto, il Viagra, è una sciocchezza il prenderlo per una mancanza di desiderio: il Viagra serve nei disturbi di erezione e deve essere prescritto, dopo attenti e mirati esami, da un medico esperto di problemi andrologici e sessuologici.

Sul quarto punto, “se avesse bisogno del Viagra lo lascerei”, qui le dò torto perché, fermo restando quanto sopra detto, il Viagra è un buon farmaco che, se serve, si può e si deve usare per risolvere un disturbo di erezione, ovviamente usandolo per un periodo limitato ed indagando nel contempo, da parte di un medico sessuologo, i problemi tutti, anche quelli di tipo psicologico e relazionale che possono fare funzionare male la sessualità di un uomo giovane quale è il suo compagno.

Da “Il Gazzettino” del 18/02/2001

“Gentile dottor Mercuri,
sono sposata con mio marito da due anni. Ho 30 anni e mio marito 38. Io sono casalinga, ma piena di interessi, lui è un libero professionista già affermato. Non abbiamo figli perché lui ha pochissimi spermatozoi, ma non vuole sottoporsi a pratiche di procreazione assistita perché molto religioso-praticante.
Fuma 80 sigarette al giorno. Le chiedo un consiglio, ma vorrei chiedergliene tanti. Comunque, quello che più mi sconvolge è sapere che mio marito, da solo, di nascosto, guarda filmini pornografici, la notte; un periodo che è stato solo in casa ha speso più di un milione per telefonate erotiche. Con me fa l’amore molto di rado, ogni due-tre mesi. Non so cosa pensare… e cosa fare.”

Gentile Signora,

cerco di darLe dei rapidi, telegrafici miei pareri, più che consigli.

L’eccesso di sigarette fa malissimo al sesso, sia dal lato sessuologico erettivo, sia dal lato procreativo.

La religiosità eccessiva e rigidamente interpretata di Suo marito non lo fa scegliere, in accordo con lei, se è il caso di poter avere un figlio anche con gli aiuti che oggi la Scienza medica mette a disposizione.

La pornografia merita un discorso diverso e mi riprometto di approfondirlo in un prossimo articolo.

Intanto, nel caso specifico di Suo marito, è evidente una contraddizione con la sua morale religiosa che da un lato gli vieta di poter avere un figlio che Lei invece desidera tanto, mentre da un altro lato non gli vieta di compiacersi di una visione dell’amore mercificato al massimo, umiliante soprattutto per la donna e privo di connotazioni di rispetto reciproco della coppia.

Comunque, il bisogno di pornografia che ha Suo marito, può sottendere una sua carente sicurezza sessuale, di cui può essere sia causa che effetto anche la sua infertilità che andrebbe indagata approfonditamente sotto il profilo sia andrologico che sessuologico.

Le consiglio comunque di non criminalizzarlo, di cercare un dialogo aperto, di indagare dentro se stessa per capire se esistono eventuali sue carenze come concausa di un insufficiente erotismo di coppia.

Da “Il Gazzettino” del 13/02/2001

Egregio dottor Mercuri,
sono una giovane moglie di 32 anni. Mio marito, ricercatore universitario di 37 anni, non può avere figli per una forma di infertilità. Dispiace a tutti e due ma, insomma, o ci si rassegna o si possono adottare. Siamo sposati da tre anni; i medici non ci hanno dato speranze neanche con metodi di fecondazione artificiale.
Ma il motivo per cui le scrivo è che mio marito, da quando ha saputo di questa sua infertilità, non ha quasi più desiderio sessuale. Credo sia depresso, ma lui dice di no, continua il suo lavoro all’Università, abbiamo amici… La prego, mi dia un consiglio.

Gentile Signora,

le conseguenze psicologiche della infertilità, anche quelle psico-sessuali, sono abbastanza frequenti; sono di solito più sentite dal partner “responsabile”; egli è ferito nella sua identità sessuale dalla incapacità di procreare e può sviluppare una reazione depressiva con temi di autosvalutazione oppure una difficoltà di funzionamento sessuale. Più è fragile la sua identità sessuale, più la sua sicurezza sessuale ne risente, specie nell’uomo, nonostante che in lui, più che nella donna, la finalità riproduttiva del rapporto sia andata affievolendosi nel corso della evoluzione; a livello inconscio, il rapporto sessuale e la, anche solo potenziale, capacità procreativa, costituiscono ancora oggi la conferma della sua identità e sicurezza sessuale.

Certo, vale tanto ad attenuare o ad aggravare questa sofferenza, l’atteggiamento del partner “non responsabile”, cioè nel caso specifico, il Suo. Come anche è importante il contesto sociale, gli amici, i parenti che magari hanno dei figli; ed anche l’atteggiamento dei Vostri rispettivi genitori, che non raramente sono desiderosi di avere un nipotino. A volte, in tali contrasti e situazioni, la relazione di coppia viene messa in discussione.

Consiglio di rivolgervi entrambi ad un medico psicoterapeuta esperto di problemi sessuologici.

Da “Il Gazzettino” del 05/02/2001

Abbastanza numerose le lettere e le telefonate su una patologia andrologica chiamata dai pazienti “pene storto”, che ha, come sempre accade in andrologia, risvolti sessuologici.

Scientificamente il termine è “induratio penis plastica” o malattia di La Peyronie dal nome del chirurgo che la descrisse nel 1743. Era il medico personale di Luigi XIV, il Re Sole, che appunto aveva questa patologia.

Nonostante l’illustre esordio, la malattia rimase quasi completamente dimenticata fino all’ultimo nostro ventennio, che vide un progresso sempre crescente di tutta l’andrologia.

La malattia di La Peyronie è una alterazione localizzata alla tunica albuginea dei corpi cavernosi del pene, con formazione di placche fibrotiche che determinano, specie durante l’erezione, una curvatura il più spesso dorsale o laterale del pene, fino anche a 90°. E’ accompagnata spesso da dolore, con difficoltà più o meno marcata della funzionalità sessuale.

Sulla frequenza, la maggior parte degli Autori si attesta su un caso ogni 200 (0,50%), ma altri studiosi hanno osservato alterazioni della tunica albuginea con molta maggior frequenza.

La malattia è poco comune prima dei 40 anni, poi la sua frequenza cresce gradualmente con l’età, con un picco sui 60 anni.

Non si sa quale sia la causa della formazione delle placche; le varie ipotesi o le concause sono: quella autoimmune, la predisposizione ereditaria, il microtraumatismo.

Spesso la sintomatologia all’inizio è vaga; la disfunzione dell’organo è e rimane a volte poco marcata, mentre altre volte, in circa il 30% dei pazienti, è tale da non permettere il coito, sia per la accentuata curvatura, sia per il dolore alla penetrazione.

La diagnosi la si fa con l’osservazione, la palpazione e con l’ecotomografia.

La terapia non chirurgica può essere farmacologica generale, farmacologica locale e con mezzi fisici (infiltrazioni, ionoforesi, ultrasuoni, ecc.).

La terapia chirurgica dalla rimozione delle placche, fino all’impianto protesico, è indicata quando c’è un’alterazione importante o impossibilità della funzione sessuale.

Sono ormai due anni di penitenze, di limitazioni delle libertà personali di dover andare per strada con una maschera che non fa vedere il viso ,la sua espressione e quindi nasconde la simpatia o il suo contrario che è l’antipatia, nasconde l’empatia o il suo contrario che può essere la freddezza, la smorfia di disgusto, di disapprovazione , di scherno. Inoltre per un periodo non è stato possibile andare dove si voleva o si doveva senza giustificare per iscritto ogni  movimento e in più si doveva respirare il proprio fiato caldo per tutto il giorno come, purtroppo, è ancora.

Si sarebbe dovuto cambiare maschera ogni due ,tre ore ma nessuno lo avrà fatto ,tranne i chirurghi o qualche ossessivo .

Il danno più grande è stato comunque per i bambini  e gli adolescenti ,  specialmente per quelli timidi ed introversi, che molto più di noi adulti hanno necessità , per il loro sviluppo intellettivo e soprattutto emotivo, di una qualità di vita normale,  con estremo bisogno di socializzare.

Comunque credo sia ora di mollare qualche punto, di attenuare cioè  le regole e i divieti,  pur raccomandando ancora   di avere  una giusta prudenza per se stessi e per gli altri. E ‘ anche necessario, ormai, non parlar più tutto il giorno e tutti i giorni di questo virus, quasi come fosse l’unica causa di tutte le morti.

E’ ora di   cominciare a  curare le ferite soprattutto psicologiche e sociali che tale brutto periodo ci ha inferto  e la prima cura è il ritornare gradualmente ad una normalità di vita , dato anche che ormai la stragrande maggioranza ,almeno di noi europei,  è vaccinata e dato che il virus per sua stessa  natura tende dopo un certo tempo a perdere di  virulenza e a trasformarsi da pandemia ad endemia ,per cui si consiglierà la vaccinazione alle fasce più a rischio e forse ,per un primo periodo si imporrà solo per determinati mestieri o professioni o per fare determinati viaggi in cui l’epidemia è ancora molto diffusa e virulenta.

Farò a breve un articolo in cui voglio trattare del danno specifico che questo periodo infausto ha comportato nella sessualità, soprattutto fra i giovani.