Da “Il Gazzettino” del 09/07/2001

Una giovane signora, al telefono tramite il servizio del Gazzettino “Il Medico risponde”, mi dice che suo marito…

”da quando sono rimasta incinta ha diradato da subito ed adesso li ha completamente interrotti, i rapporti sessuali. Sono al 3° mese di gravidanza… dice che gli fa impressione sapere che c’è una creatura in  pancia…”.

Credo siano interessanti alcune osservazioni, concetti e tabù del sesso in gravidanza, argomento in verità  non molto indagato e di cui poco si è parlato in Sessuologia.

La gravidanza è un  “periodo di cambiamento”, di trasformazione della donna, come il “ciclo mestruale”, come la “menopausa”. La donna è abituata a cambiamenti, ma è la coppia che si deve coinvolgere nel suo insieme, in tali aspetti, e viverli in maniera adeguata, realistica, non fantasmatica. Nella maggior parte delle specie animali non vi è accoppiamento durante la gravidanza, ma dobbiamo tenere presente che nella evoluzione della specie umana la sessualità si è sempre più staccata dalla procreazione per passare nel versante della conoscenza, esperienza e piacere fisico, oltre che psicologico.

Gli organi sessuali della donna in gravidanza sono più irrorati, più sensibili, e così anche i seni. Alcune donne sperimentano una facilitazione dell’orgasmo in gravidanza con conseguenti contrazioni dei muscoli del pavimento pelvico ed anche uterine.

Ecco perché alcuni ginecologi sconsigliano frequenti rapporti sessuali in gravidanza. Ma è da dire che ciò è sensato solo se c’è una reale e patologica minaccia d’aborto, e solo per i primi mesi o per l’ultimo. Ma in tutti gli altri casi, la sessualità deve esprimersi, anche perché la donna ha già dei dubbi che possa non essere più gradevole e quindi gradita sessualmente e la gratifica molto e positivamente il vedere che, per l’uomo che ella ama, non è così.

La donna in gravidanza a volte attiva un immaginario di incubi e di paure per il nascituro e così anche il maschio-padre può vivere la presenza di un “essere” ancora fantasmatico, la “creatura” appunto, tanto delicata da potergli fare male anche con un normale rapporto sessuale. E inoltre c’è in lui, nell’uomo, la proiezione nella moglie della figura materna con il rischio di una sua regressione e conseguente desessualizzazione.

La cultura e la preparazione clinico-sessuologica dovrebbero fare parte integrante sia della Specializzazione in Ginecologia che in Andrologia.

Da “Il Gazzettino” del 02/07/2001

Una signora mi scrive:

“Mio marito, 42 anni, deve farsi le iniezioni sul pene, la prostaglandina, per poter avere l’erezione; la diagnosi è stata di “deficit erettivo psicogeno- funzionale”. Il Viagra, purtroppo, non è efficace in lui. Ho sentito parlare dai giornali del “SuperViagra” che si deve sciogliere sotto la lingua. Cosa mi può dire Lei che è un esperto?”

Cara Signora,

intanto è da dire la dizione di “SuperViagra” è sbagliata, in quanto dal contesto degli articoli di stampa si evince trattarsi di un farmaco differente dal Viagra. Si tratta della “apomorfina” che dovrebbe essere nelle farmacie tra qualche settimana. Il meccanismo di azione è diverso sia da quello delle prostaglandine che dal sildenafil (Viagra) in quanto questi prodotti agiscono a livello periferico cioè sull’organo “pene”,  le prostaglandine a vasodilatare e quindi riempire i corpi cavernosi del pene, il Viagra bloccando un enzima, sempre a livello del pene, che degrada l’ossido nitrico; l’ossido nitrico è un mediatore chimico essenziale per la erezione del pene.

L’apomorfina agisce invece a livello centrale, mesencefalico-ipotalamico, attivando il sistema parasimpatico (sistema nervoso autonomo) che a sua volta stimola la produzione, e la sua permanenza adeguata, dell’ossido nitrico nel pene e quindi l’erezione.

Speriamo, nella pratica, che si dimostri un buon farmaco e  che possa essere utile anche nel caso di suo marito; intanto è da dire una cosa importante: siccome agisce dopo soli 10/15 minuti, e non è necessaria quindi una programmazione di tempi a lunga scadenza (almeno un’ora) come col Viagra, potrebbe essere più efficace nel caso specifico di deficit erettile psicogeno perché l’attesa e la programmazione non aggravano lo stato di ansia da prestazione o comunque lo stato psichico che sottende al deficit erettivo di suo marito.

Da “Il Gazzettino” del 25/06/2001

Una lettrice mi scrive:

“Sono una “single” di 40 anni ma ne dimostro molti meno, a detta di tutti. Ho un lavoro gratificante, mi piace viaggiare, sono sportiva, snella, non fumo. Ho avuto diversi uomini sempre più giovani di me. Adesso ho una “storia seria” con un giovane di 28 anni già affermato nel suo lavoro; io sono in realtà la sua “capa”, cioè la dirigente di un lavoro di gruppo dove c’è anche lui. Vorremmo sposarci, ma io ho qualche dubbio per l’età…”

La lettera continua con delle osservazioni e delle perplessità che io in parte condivido, ma per le quali, in maggior parte, invece, mi sento di… rassicurarla.

La gentile lettrice è preoccupata di…

“Quando avrò superato i cinquanta, entrerò in menopausa, lui sarà nel pieno della sua età e virilità…”

Gentile lettrice,

intanto per la temuta età della menopausa mancano ancora 10/15 anni, specie se lei non fuma ed è sportiva. In questi anni il suo desiderio di avere un figlio, può essere benissimo, oggi, esaudito. Il fatto che poi  ”…è molto più frequente l’opposto…”, cioè l’uomo più vecchio, questo è statisticamente vero, ma a lei cosa importa? Se lei ha sempre avuto la tendenza, l’attrazione, verso uomini più giovani, vuol dire che ci sono motivazioni valide: si sente più ragazza della sua età, si sente forse di avere un ruolo guida nel rapporto affettivo, come è d’altronde nella sua vita professionale.

Oggi la sessualità si è staccata parecchio dalla biologia che vorrebbe la donna più giovane per ovvia finalità procreativa,  la stessa biologia, forse,  che vorrebbe l’uomo tendenzialmente poligamo e la donna monogama.

La sessualità oggi attiene, sia per l’uomo che per la donna, alla sfera del piacere.

Quindi viva e concretizzi pure con un matrimonio senza apprensioni la sua tendenza affettiva- amorosa con il suo uomo più giovane.

L’unione dura quanto più ci sono elementi di comunione, di idee, di interessi, di tendenze.

Da “Il Gazzettino” del 11/06/2001

Tra i principi di trattamento delle devianze sessuali, tra le quali la pedofilia, ci dovrebbe essere innanzitutto il lavoro profilattico o di prevenzione.

Le radici delle deviazioni sessuali si affondano nella prima infanzia e perciò il lavoro di prevenzione deve essere fatto nelle strutture micro e macro sociali. Le devianze sessuali non sono necessariamente qualcosa di dato una volta per tutte, che non possono subire modificazioni ma, al contrario, sono stati e situazioni il cui insorgere deve poter essere impedito. Una volta che la deviazione è in atto, si possono attuare varie strategie. Si può cercare innanzitutto di togliere la “necessità” della devianza tramite diverse forme di psicoterapia che diano al soggetto in questione la consapevolezza della propria realtà sessuale e delle possibilità di modificare il proprio comportamento.

Si può cercare di modificare il comportamento deviante in diverse maniere: con procedimenti punitivi secondo le leggi vigenti nei vari Paesi, ma oltre a ciò anche con trattamenti psicoterapici comportamentali che attuano sistemi di gratificazioni e punizioni quasi a provocare un riflesso condizionato. Questa forma di psicoterapia è comunque tanto più efficace quanto prima la si attua.

Oltre a tali strategie psicoterapeutiche si può attuare una terapia atta a ridurre il desiderio sessuale in modo che i suoi impulsi si indeboliscano. A tal proposito,  oggi in via solo teorica, ci potrebbero essere dei metodi irreversibili, tipo la castrazione chirurgica e l’intervento stereotattico sui centri dell’ipotalamo; ma tali interventi sono stati sempre poco e solo saltuariamente usati nel mondo civile, ed oggi non si pone più neanche teoricamente il problema.

Altro è invece è il pensare di attuare metodi reversibili tramite l’uso di ormoni femminili o di anti-ormoni maschili. Gli ormoni femminili danno una femminilizzazione spiccata anche fisica, mentre gli antiandrogeni hanno effetti secondari minori. Con tali farmaci c’è una caduta del desiderio sessuale per il periodo della terapia, periodo durante il quale deve esserci una psicoterapia del tipo già descritto.

Sono ancora dei tentativi di terapia, d’accordo, che però alcuni Stati d’America ed anche la Germania, la Francia, la Svezia stanno sperimentando.

Non mi sembra che, concordata con il pedofilo una strategia terapeutica che comporti anche l’uso dei farmaci, ciò configuri un’offesa alla sua dignità umana, ma al contrario io penso che sia questo un tentativo di ridargli dignità umana.